Gay & Bisex
Un palo in riva al mare 2
di Megaciccio
19.07.2015 |
12.238 |
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"Non potei che non godere di quello spettacolo restando contemporaneamente deluso del non poter osservare da vicino il pezzo forte, quel pisello che da lontano..."
Dopo quel trattamento iniziai a provare un po’ di sollievo. Il costume non mi tirava più e potevo godermi con più tranquillità lo spettacolo di quell’uomo così eccitante che si rivoltava sotto il sole mostrandoci di sé tutti i lati.Ogni tanto si accarezzava il corpo, come per coccolarsi, flettendo i muscoli delle braccia che si contraevano in pagnottelle tutte da mordere.
Quando arrivò l’ora di ripartire ci vestimmo per tornare verso l’auto che si trovava dall’altra parte del nostro vicino, costringendoci a passare davanti a lui.
In quel momento era di spalle, ad abbronzarsi la schiena, le gambe e quel sedere perfetto, che restava in forma disegnando due mezze lune sode e ricoperte da una leggera peluria.
Non potei che non godere di quello spettacolo restando contemporaneamente deluso del non poter osservare da vicino il pezzo forte, quel pisello che da lontano era sembrato così grande ed invitante.
Ma proprio mentre ci apprestavamo a superarlo, il bel quarantenne si voltò. Aveva una erezione spaventosa. Un cazzo enorme, lungo e largo, con una cappella rosso fuoco e delle vene tortuose tutte intorno; spuntava da un cespuglietto di peli neri e curati, che mettevano in risalto due palle sode e perfette. Ci stava aspettando e quella era l'imboscata che aveva preparato per noi.
Io non riusciamo a staccare gli occhi da quella bestia enorme dall’aspetto succoso .
Il tizio si afferrò il cazzo alla base, tenendolo dritto in verticale e facendolo sbattere nel palmo aperto dell’altra mano per farne capire la rigidità, mentre fissava negli occhi sia me che Davide.
Aveva una fava da sogno e lo sapeva, e non vedeva l’ora di vantarsene con qualcuno.
A quel punto non capii più niente, gli ormoni impazziti presero il sopravvento e feci una cosa di cui non mi credevo capace.
Lasciai le borse che avevo in mano, mi china tra le gambe dello sconosciuto e afferrai quell’enorme pezzo di carne.
Non riuscivo a chiudere il pugno da quanto fosse largo e venni subito stordito dal calore che emanava.
“Andrea, ma che fai!!!” diceva intanto il mio ragazzo.
Ma io non riuscivo a rispondergli. Ero ipnotizzato da quel cazzo perfetto.
Iniziai a segarlo, prima con una mano, poi subito con due.
“Andrea, ma che fai, alzati!!!!!”
Sentivo la voce si Davide, ma era come se chiamasse qualcun altro, un altro Davide, e per tutta risposta aprii la bocca e cercai di ingoiare quella fragola rossa che mi aveva rapito.
Iniziai a leccarla tutta ed in risposta il tizio inizio a genere; poi cercai di ingoiarla, ma non ero abituato a certi calibri e l’operazione richiese del tempo.
“Andrea ma sei impazzito??? C’è gente che passa !!!!”
“Sì, è impazzito” disse il proprietario del cazzo all’improvviso, dimostrando di essere una persona oltre a un pene “è impazzito per questo cazzo!! Del resto è tutto il pomeriggio che ve lo rimirate, no? È ora che ve lo godiate. E non pensare di smettere.” E mi mise una mano sulla testa, spingendola di più verso il suo arnese.
Sentivo la cappella liscia che cercava di farsi strada nella mia gola, mentre io cercavo di ingoiare sempre di più quel palo di carne nella mia bocca.
Lo succhiavo, lo leccavo, lo baciavo. A tratti mi bloccava la testa spingendo con il bacino per farlo entrare sempre di più, come per scoparmi la bocca, ma le sue dimensioni fuori standard erano troppo generose.
Ogni tanto per riposare le fauci scendevo a leccargli i coglioni, ma anche quelli erano troppo grandi per essere gestiti.
Sapevo che ogni tanto qualcuno passava in riva al mare e probabilmente qualcuno si era anche fermato a guardare, ma non mi interessava.
L’unica cosa che volevo era leccare quel cazzo e succhiarlo fino a farlo venire.
Sentivo la circonferenza della sua cappella tra le labbra mentre gli afferrato i glutei per spingere la sua mazza più a fondo nella mia bocca.
Ad un certo punto mi afferrò la nuca ed iniziò a spingere più di prima, con ritmo frenetico.
Pensavo volesse venirmi in bocca e non sapevo come, o se volevo, divincolarmi. Poi all’ultimo momento uscì dalla mia gola e menandosi l’uccello mi schizzo tutta la sua sborra addosso.
Schizzi potenti e generosi mi colpirono faccia e maglietta, mentre lui gemeva spudoratamente liberando tutto il suo godimento.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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